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  • Milan, Di Francesco: 'Ecco il mio calcio'

    Milan, Di Francesco: 'Ecco il mio calcio'

    Per la panchina del Milan, se dovesse andar via Mihajlovic, il testa a testa è tra Eusebio Di Francesco e Christian Brocchi. L'allenatore del Sassuolo, che piace anche alla Fiorentina, ne parla in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport, in cui racconta il suo calcio: "Il mio calcio è palla in verticale, scarico, attacco alla profondità. Lo dico sempre ai ragazzi: due passaggi orizzontali sono già troppi. L’idea di base è la voglia di far crescere i giovani, di insegnare. Poi, il gioco senza palla è importante: il calcio è tempo e spazi. Quei movimenti nei miei allenamenti si ripetono continuamente, la ripetitività è fondamentale. Il 4-3-3? Se subentrassi a stagione in corso mi adatterei. Però se una squadra mi sceglie sa che cosa mi piace, quindi dovrà sposare il mio modo di giocare. Il 4-3-3 ha un solo problema: fai fatica ad andare a marcare il play avversario. Per il resto, è spettacolare. Io in allenamento non lavoro mai su un secondo sistema di gioco.

    COME ZEMAN - "Mi piace avere tanti giocatori in zona palla per recuperarla. Io gioco sempre sulla riconquista, noi andiamo a nozze se ci attaccano… Zeman aggrediva in ogni azione, io invece sono difranceschiano: va bene l’aggressione ma non sempre. A volte bisogna temporeggiare. Zeman è l’allenatore che mi ha lasciato di più, era dieci anni avanti, con lui mi divertivo in campo e fuori: è l’unico allenatore che mi ha fatto ridere. La preparazione atletica però non l’ho presa da lui. Facevamo dieci volte i mille metri per quattro giorni di seguito, poi i sacchi sulle spalle, i gradoni… No, voglio troppo bene ai miei ragazzi. In difesa? Il riferimento è la palla, come per Sarri. La difesa si sposta in base a dove si trova il pallone, non alla posizione degli avversari. Poi è fondamentale l’equilibrio: la squadra si muove compatta e, se un terzino attacca, l’altro resta vicino ai difensori centrali. Balotelli con me? (ride, ndr) Io voglio prima di tutto giocatori predisposti a sacrificio e lavoro di squadra. Se non lavorano tutti insieme, si fa fatica. Il mio attacco? Semplificando, un attaccante va sull’esterno, uno attacca il primo palo, uno attacca il secondo. Le tre punte devono muoversi in maniera coordinata e Berardi nell’interpretazione dei movimenti è il numero uno. E Sansone viene subito dopo. Io voglio attaccanti da uno contro uno, che saltano l’uomo e puntano la porta. Altrimenti, se tutti corrono sulla linea laterale, poi finisce il campo.Chi non risica, non rosica. Io ai giocatori dico: “se sbagliate, è colpa mia”. Non capisco gli insegnanti dei bambini che urlano “passa, non dribblare”. Così addio nuovi talenti. Il mio nove ideale? Zaza per me è straordinario. Quando era da noi gli chiedevo: “Simone, oggi hai corso in allenamento?”. E lui: “Sì”. Poi gli facevo vedere i dati del Centro Mapei, che le altre società non hanno, e gli dicevo: “Questo livello non basta. Se non migliori, panchina”. E migliorava, perché i dati non mentono, danno una motivazione speciale. Mi piace anche Dzeko, che ora non sta giocando al massimo. Poi Bacca, che attacca sempre la porta e non va mai in giro per il campo. Lui e Berardi possono fare i titolari ovunque, però ora non dite che vado al Milan: mi hanno accostato anche alla Nazionale, fa piacere ma restano chiacchiere".

    SASSUOLO - Si parla anche dei singoli del Sassuolo: "Duncan? Si è adeguato ai ritmi e si vede. Ha doti straordinarie e una buona tecnica, però deve sempre andare in campo sapendo che cosa fare. Può migliorare i tempi: a volte forza la giocata. E di sicuro può segnare di più. Visto il gol al Milan? L’ha appoggiata... Pellegrini? Ha grandi margini, è molto interessante. E ha una gran qualità: la disponibilità. Così si fa strada. Magnanelli è la nostra anima. Se non è il giocatore più importante della squadra ci va vicino e ha sposato al 100% il nostro modo di giocare. Ha caratteristiche diverse da Sensi, che abbiamo preso per quel ruolo: ha meno visione, però è sempre tra i due giocatori che corrono di più. Fa minimo 12 chilometri a partita e in campo capisce quasi tutto. Per dare indicazioni non posso usare il megafono dello stadio, a volte mi basta guardare lui e tutto diventa chiaro. Berardi? E’ che Domenico mi vuole bene, non si vuole staccare. Ha un grande talento però a volte mi fa un po’ arrabbiare. Sembra uno dei miei figli…".

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